La nuova frontiera della SETI, l’acronimo di “Search for Extra-Terrestrial Intelligence“, cioè la ricerca di presenze di alieni, intelligenze extraterrestri, non è più la radioastronomia, bensì più in generale la fotonica.
SETI, acronimo di Search for Extra-Terrestrial Intelligence, è un programma dedicato alla ricerca della vita intelligente extraterrestre, abbastanza evoluta da poter inviare segnali radio nel cosmo. Il programma si occupa anche di inviare segnali della nostra presenza ad eventuali altre civiltà in grado di captarli.
L’esistenza (presente o passata) di alcune forme di vita extraterrestre è al momento solo ipotetica, dato che non sono mai state trovate chiare prove di organismi complessi al di fuori della biosfera terrestre, ma l’enorme numero di galassie e quindi pianeti con caratteristiche molto simili al nostro rende statisticamente probabile la loro esistenza. Inoltre in questi anni si sono scoperti molti pianeti attorno a stelle della Via Lattea, di cui parte nella zona abitabile.
Philip Lubin, ricercatore della UC Santa Barbara, propone infatti di segnalare la nostra presenza a eventuali civiltà aliene spazzando il cosmo con un segnale ottico collimato, visibile da ogni angolo della Via Lattea.
Insomma, sembra proprio che uno dei principali obiettivi della comunità scientifica resti quello di cercare altre forme di vita nell’Universo, come conferma l’ultima soluzione proposta: attivare un segnale ottico da tenere sempre acceso, una sorta di faro rivolto però non verso il mare, ma verso l’infinito del cosmo a caccia di alieni. Potrebbe sembrare leggermente irrealizzabile, e invece i ricercatori dell’UC Santa Barbara dicono di avere la tecnologia adeguatamente avanzata per realizzare questo piano, come evidenzia Media Inaf, il notiziario online dell’Istituto nazionale di astrofisica.